venerdì 27 marzo 2015

Il lato B / Work-life-balance: siamo al 13esimo posto nel mondo secondo l’Ocse

Work-life-balance: forse non siamo messi così male. Lo scopriamo leggendo il post pubblicato da blog del World economic forum che riprende un rapporto rilasciato a cadenza biennale dall’ Ocse. Il report ci colloca al 13simo posto nel mondo in una classifica di 34 Paesi che valuta,  come parametri di un buon rapporto tra tempo lavorato (retribuito e di cura)  e tempo per sé, il numero di ore passate al lavoro e quelle dedicate alla cura personale (compresi sonno e pasti) e ad hobby e interessi, ragionando sulla percentuale di occupati full time che gode di un buon equilibrio tra l’una e l’altra fetta di vita.



A guidare l’elenco dei Paesi virtuosi é la Danimarca, dove chi lavora

mercoledì 25 marzo 2015

ATTIRARE I MIGLIORI

La selezione è un percorso che prevede un “prima”.
Il “prima” è la fase in cui si lavora per creare all’interno dell’azienda le condizioni favorevoli per attirare persone di valore. È il momento in cui l’azienda si “sintonizza” con le persone che sta cercando, si rende accogliente e cerca di proporsi in maniera interessante. Il modo in cui un’azienda riesce ad essere accogliente per i potenziali collaboratori validi si potrebbe riassumere in tre aspetti: 1. Un atteggiamento inclusivo 2. Elevata affinità e interesse sincero verso le persone e 3. Assenza di barriere create per tenere lontane le persone.

UN ATTEGGIAMENTO INCLUSIVO
Si tratta di una predisposizione a includere le nuove persone.
L’inclusione è l’atteggiamento di chi rende facile agli altri l’approccio o l’avvicinamento a un luogo, a un’attività, a un gruppo. È il concetto di “porte aperte”, è il tentativo di eliminare le barriere.

giovedì 5 marzo 2015

Dirigenti allo specchio: si vedono generosi e aperti ma per i dipendenti non è vero

UNOSTUDIO REALIZZATO DALL’UNIVERSITÀ BOCCONI HA MESSO A CONFRONTO QUASI 1500 TRA CAPI E SUBORDINATI RIVELANDO UNO SCENARIO BIPOLARE


Capi allo specchio? Se a giudicarli sono i dipendenti, ecco che il mondo si divide in due. Da un lato c’è come si vedono manager, dirigenti d’azienda e capoufficio: comprensivi, motivanti, consapevoli. «Siamo esigenti ma giusti», si promuovono (segretamente compiaciuti) tra sé e sé. Dall’altro come li percepiscono i sottoposti: autoritari, distaccati, pronti a spegnere gli entusiasmi. «Vorremmo un leader migliore, generoso, più aperto», protestano in coro. 




Una ricerca realizzata dall’Università Bocconi ha messo a confronto quasi 1500 tra capitani e subordinati rivelando uno scenario bipolare. Spiega Massimo Magni, del Dipartimento di Management e Tecnologia: «Nei momenti di turbolenza e di cambiamento come quello attuale c’è la necessità di assumere nuove prospettive. Sarebbe necessario che i collaboratori diventassero parte complementare del capo, partecipando ai processi decisionali per sviluppare idee che portino le aziende a raggiungere risultati di lungo periodo».

mercoledì 4 marzo 2015

Tfr in busta paga da marzo, i rischi per i lavoratori

Dal primo marzo e fino al mese di giugno 2018, dodici milioni di lavoratori del settore privato in servizio da almeno sei mesi potranno scegliere di ricevere ogni mese in busta paga il Tfr.

È il trattamento di fine rapporto che, comunemente definito liquidazione, viene dato dal datore di lavoro al dipendente nel momento in cui il rapporto finisce, per qualsiasi motivo. Scatta, così, con tre mesi di ritardo (sarebbe dovuta partire all’inizio del 2015) l’operazione fortemente voluta dal premier Renzi che, lo scorso settembre, l’ha annunciata come chance per “rilanciare i consumi” e concedere agli italiani la possibilità di scegliere tra l’avere pochi soldi (maledetti) e subito – si parte dai 70 euro per i redditi più bassi – “che molto fanno comodo in questi mesi ancora di crisi profonda”, o proseguire invece l’italica tradizione della formichina e tenerli per quando si andrà in pensione.
Il varo di questa misura ha scatenato da subito un’alzata di scudi (da Confindustria ai sindacati, passando per gli esperti di previdenza), non solo perché una volta fatta la scelta non si possono più avere ripensamenti fino alla fine della sperimentazione, ma soprattutto perché risulta poco conveniente sotto diversi punti di vista.